Le origini
La rivalutazione della narrazione nella pratica clinica: la nascita della Medicina Narrativa
La cosiddetta Medicina Narrativa o Narrative Based Medicine
(NBM) fa la sua comparsa nella letteratura scientifica, con questa specifica
denominazione, in una raccolta di articoli pubblicati sul British Medical Journal
alla fine degli anni '90 (Greenhalgh e Hurwitz 1998), ma le sue origini vanno tracciate
negli USA, ad opera della Harvard Medical School.
Punti di riferimento fondamentali ed ispiratori di tale approccio sono due psichiatri
e antropologi in essa operanti: Arthur Kleinman
(1980) e Byron Good (1999). Entrambi considerano
la medicina come un sistema culturale, ovvero
un insieme di significati simbolici che modellano sia la realtà che definiamo clinica,
che l’esperienza che di essa il soggetto malato fa (Giarelli, 2005).
La base di riferimento teorica fondamentale per comprendere la Medicina Narrativa
ed il suo approccio è riconducibile proprio alla definizione
di "malattia". Kleinman opera un distinguo tra tre piani di significato
ad essa associati, resi in inglese da tre parole differenti (Giarelli, 2005):
"disease",
ovvero la malattia intesa in senso biomedico come lesione organica o aggressione
di agenti esterni, evento oggettivabile e misurabile mediante una serie di parametri
organici di natura fisico-chimica (temperatura del corpo, etc.)
"illness",
ovvero l’esperienza soggettiva dello star male vissuta dal soggetto malato sulla
base della sua percezione soggettiva del malessere, sempre culturalmente mediata
"sickness",
ovvero il significato sociale dello star male
La medicina basata sulla narrazione apre
una riflessione sull'opportunità di curare
la malattia intesa non solo come "disease",
ma anche come "illness" e come
"sickness" (Malvi, 2011), rispondendo
alla necessità di guardare ad essa e alla sua irruzione nella vita della persona,
così come alla presa in carico del paziente da parte del medico e/o della struttura
sanitaria, come a qualcosa di assai più complesso che un insieme di visite specialistiche,
esami diagnostici, interventi di vario genere (Malvi, 2011).
Il punto di vista della Medicina Narrativa
è concentrato sulla persona, su quella particolare
persona malata, con la sua storia individuale, sua e di nessun altro, con la sua
rete di relazioni sociali e il suo contesto di vita, con la sua maggiore o minore
capacità di reagire alla sofferenza, a una disabilità, alla possibilità di morire
(Malvi, 2011).
"La Medicina Narrativa fortifica la pratica clinica
con la competenza narrativa per riconoscere, assorbire, metabolizzare, interpretare
ed essere sensibilizzati dalle storie della malattia: aiuta medici, infermieri,
operatori sociali e terapisti a migliorare l'efficacia di cura attraverso lo sviluppo
della capacità di attenzione, riflessione, rappresentazione e affiliazione con i
pazienti e i colleghi." (Rita Charon, fondatrice della Medicina Narrativa, docente di Clinica medica e direttrice
del programma di Medicina Narrativa della Columbia University di New York).
La narrazione e le tecniche narrative, accendono i riflettori sulle storie di malattia
e su una dimensione della loro conoscenza, che la tecnologizzazione della medicina
e degli atti medici rischiano, altrimenti, di lasciare in ombra (Malvi, 2011), generando
la perdita di significativi benefici, per il paziente, la medicina e la sanità.