L'umile ruminante che fornì la pelle di cui sono fatta non immaginava certo l'importanza che avrebbe acquisito in questa trasformazione; qualcosa di più potevano intuire l'artigiano che mi fabbricò e il negoziante che mi vendette, ma solo chi mi acquistò e riempì meticolosamente, controllando periodicamente il mio contenuto affinché non avessi ad essere mai sprovvista di nulla, sa del sogno che mi ha animato, di cui sono stata simbolo ed esempio tangibile.
Capirai... qualcuno penserà, non si è mai vista una valigia, anzi diciamolo pure: una valigetta, darsi tante arie. Ogni bagaglio contiene in fondo solo effetti personali più o meno lussuosi a seconda dello stato sociale del proprietario e qualche volta, è vero, racchiude un sogno, un desiderio legato al viaggio, allo spostamento intrapreso. Ebbene si, però tutto questo riguarda il singolo in genere, con al massimo la cerchia dei suoi familiari, mentre io ho avuto l'ambizione di essere portatrice di, diciamo così, effetti generali personalizzati in grado di produrre benessere, o comunque lenimento della sofferenza, per il maggior numero d’individui a seconda del bisogno ed indipendentemente dal sesso, dall'età o dal ceto.
Non che voglia fare da contraltare al vaso della mitica Pandora, ma a molti dei mali che da quel contenitore derivarono all'umanità in me questa ha potuto trovare, modestamente, rimedio. Sia chiaro!… non sono stata che uno strumento, ma la mia importanza doveva essere grande visto che il mio proprietario, nella sua attività, mi portava sempre con sé anche quando per risolvere il problema per cui era stato consultato bastava una frase rassicurante ed un sorriso amichevole (ormai più di qualsiasi suo oggetto ne definivo il ruolo e la competenza).
Il più delle volte però le cose non sono state così semplici e la mia partecipazione si è resa necessaria. E' stato allora che dalla mia pancia mani esperte hanno tratto l'occorrente per mitigare, ristabilire, sollevare, sedare... in queste occasioni il sogno di cui sono stata portatrice è spesso diventato realtà ed è stato possibile combattere e vincere il male che affligge l'Uomo dal suo primo apparire sulla terra. Così posso dire di conoscere l'umano patire, ahimè nelle sue varie espressioni, meglio di qualsiasi altro oggetto inanimato. Appoggiata sopra il divano di velluto di un lussuoso appartamento di città o sulla sedia sghemba di una sperduta casa di campagna ho sentito identica la sofferenza, tanto nel lamento del ricco quanto nell'ansimare rauco dell'indigente, e sempre secondo coscienza è stato il rimedio, l'attenzione, la cura. Così il tempo è passato facendo grandi i bambini che vidi nella culla e anziani i loro genitori, morti o moribondi i vecchi che hanno spesso veduto in me l'ultima speranza e comunque sempre un conforto.
Oggi che anch'io pago lo scotto al tempo inesorabile che passa e porto i segni causati dalla pioggia, dalla neve, dall'afa soffocante, perché non c'era situazione climatica che nell'urgenza giustificasse una mia assenza, sono stata messa da parte.
Una mia giovane sorella ha già preso il posto nella mano, ora meno salda e veloce ma più esperta, che per tanto tempo mi ha portato, insieme continuando l'arduo compito intrapreso - fatto di tante mani, di tante valigette.
Per tutto questo sono contenta, nell’angolo buio di questo antico baule, perché di un sogno ambizioso, ma non illusorio, io sono stata parte pur essendo solo una ormai vecchia valigetta: la borsa di un medico.