Ci conosciamo da anni, tu con la tua famiglia, io con la mia.
Poi la vita ci rende liberi entrambi ed intratteniamo anni di buona amicizia.
Quando mi hai chiesto il permesso di frequentarmi seriamente ho ritrovato la voglia di vivere, l’allegria perduta, la magia dell’amore.
I primi 8 anni con te sono stati splendidi ed esaltanti, forse troppo.
Poi la malattia che già aveva iniziato ad inserirsi in sordina nella nostra vita, questa malattia inesorabile e subdola: il Parkinson.
Non importa, ti starò vicino, nulla cambierà, ti aiuterò, ti curerò.
Ci sposiamo, quasi storditi dalla felicità facciamo un salto nel buio senza preoccuparci del domani.
E il domani arriva inesorabile. Inizi a fare cose senza logica, sperperi denaro, racconti bugie che per te sono realtà, non accetti di sentire venir meno le tue forze, tu uomo di fatica che da sempre dimostra forza fisica e vigore.
Tu, uomo dolce e premuroso, che improvvisamente urli e ti disperi.
Anni difficili, crolli in un vuoto interiore ma non ti dai per vinto e cerchi comunque di lottare per sostenere una vita normale. Io sono sempre al tuo fianco, ma inizio a perdere forza e, lo ammetto, pazienza.
Non guidi più, le gambe non reggono, cadi e trascorri quasi un anno tra ospedali e strutture riabilitative.
Io….io corro da una struttura all’altra, ti telefono, ti sostengo, ti aspetto certa che tornerai.
Tornerai, si, in carrozzina, so che non potrai più farne a meno ma tu lotti e fino all’ultimo cerchi la tua indipendenza, negando inesorabilmente la malattia, con atteggiamenti che mettono ogni giorno a repentaglio la tua vita .
Sento che dopo 16 anni di un Parkinson difficile, tremendo, ci stiamo allontanando; non voglio, ti curo, ti aiuto ma sono sfinita.
Perdi molta di quella memoria che tanto avevi, vuoi uscire con me anche se non puoi, mi impedisci di vivere e diventi geloso, pensi che non ti voglia più, mi allontani dalla mia famiglia, mi lanci contro oggetti e improperi….non vivo più, sono disperata.
Così, tutto all’improvviso…. Sono sola, non so che fare.
L’aiuto arriva da qualche medicina che ti calma ma non ti cambia. Ormai non ti fidi più di me, e da persona che ti cura e ti vuole bene divento per te una nemica.
Ti allontani, giorno dopo giorno, per te io sono ormai solo una badante.
Poi, all’improvviso, chiedi di entrare in struttura assistita.
Oggi sei là, sulla tua carrozzina, ad appigliarti alla vita, ad attendere una visita, sempre a sperare in un piccolo, ma significativo miglioramento.
Io sono qui, ho ripreso una vita normale, sola, come da tempo ormai ero, anche se ero con te.
Grazie per avermi dato momenti felici, la vita ci ha uniti in un percorso difficile, triste, spesso ripetevi che non doveva andare così…è vero, non doveva, ma è accaduto.
Ti lascio lì, dove tu hai deciso di stare, ti mando un bacio e prego affinchè tu possa ritrovare un po’ di serenità.